LA COSA GIUSTA

Tradotto da Slipknot69
Julian Wroclaw attendeva nervosamente nello studio di suo padre. Il sapore della paura e del fallimento riempiva la sua bocca. Aveva guardato i pannelli di quercia della stanza, i quadri dei suoi antenati che lo scrutavano dall'alto. I loro volti sembravano esprimere un misto di delusione, sdegno e vergogna per il suo comportamento. Non c'era distrazione lì. Julian sapeva che, dopo tutte le varie follie, aveva finalmente commesso quello che suo padre non poteva perdonare.
La porta del balcone si aprì e suo padre entrò. Era vestito con la sua uniforme da campo. Aveva passato in rivista le truppe della Guardia Wroclaw. Lo scintillante casco a teschio argento dell'Ordine della Spada d'Argento fissava Julian con sguardo accusatorio. La mano di suo padre giocava con l'elsa della sua Spada dei Taglialegna come se stesse considerando di usarla su suo figlio. C'era un'aria di rabbia repressa intorno a suo padre, una tensione che nemmeno l'armatura ingombrante e il lungo mantello nero avrebbero potuto nascondere. Lentamente, sganciò il suo casco e lo tolse. Poi sbatté la maschera di teschio sulla scrivania. Il suono tuonò come uno sparo.
Involontariamente, Julian rabbrividì. Guardò implorante il volto di suo padre e rapidamente distolse lo sguardo. Il viso di suo padre era pallido, il suo pallore accentuato dalla barba nera. I suoi occhi brillavano follemente come quelli di uno dei suoi pregiati falconi da caccia.
"Sei un codardo!" disse. Julian sussultò come allo schiocco di una frusta. "Hai rovesciato vergogna e disonore su questa famiglia. Cosa hai da dire a tua discolpa?".
La lingua di Julian si rifiutò di muoversi. Sembrava gli riempisse la bocca intera. Le ginocchia gli tremavano e minacciavano di cedere. Si costrinse a stare in piedi. Almeno aveva ancora un po' di orgoglio.
"Sono passato sul bere, sul gioco d'azzardo e sul tuo gusto per la vita di basso livello. Sul tuo sottrarti agli studi, sulla tua rozzezza e sulla tua pigrizia. Tutte queste cose ho tollerato, ma questo... questo è insopportabile."
Julian abbassò lo sguardo. "Come potrebbe il vecchio capire?" pensò "Come può giudicarmi? Non era là, non aveva visto le orde dei morti viventi avanzare sulla neve. Non aveva visto i suoi compagni cadere uno dopo l'altro intorno a lui. Non aveva visto lo sguardo malvagio di quel titanico Nefarita che brandiva una spada ricoperta di rune luminose. Nessuno che non ci fosse stato dovrebbe giudicarmi" pensò Julian.
"Sei scappato!". Suo padre sputò fuori le parole come se fossero veleno. Guardò suo figlio con uno sguardo di disgusto inimmaginabile. Julian avrebbe voluto poter tornare indietro, affrontare la cosa demoniaca una volta ancora e combattere. Ma era inutile pensare queste cose. Il momento era passato e ormai era stato riconosciuto come un codardo.
Suo padre lo guardò ancora una volta, poi scosse la testa. Sbottonò il lembo della sua fondina. Julian si ritrasse. "Certo, non avrà intenzione di spararmi" pensò "non a suo figlio". Vedendolo indietreggiare, il sorriso di disprezzo di suo padre si allargava in una smorfia piena di odio. Mise la pistola sul tavolo, accanto al suo casco a forma di teschio.
"Fa' la cosa giusta almeno per una volta nella tua vita" disse, si girò e tornò sul balcone. Julian si avvicinò al tavolo. Lui sapeva quello che suo padre voleva dire. Prese la pistola. Era pesante come la morte in una mano. Che altro poteva fare? Non c'era nessun posto dove andare. Suo padre lo aveva rinnegato. I suoi vecchi amici e colleghi ufficiali non gli avrebbero parlato più. Se avesse fatto la cosa giusta, avrebbe avuto un funerale da eroe e spazzato via la vergogna con un solo colpo. Se non l'avesse fatto, sarebbe diventato un nessuno, un vagabondo senza fissa dimora. Senza amici, disprezzato, un mendicante nella società più ricca della storia. Nemmeno i plebei avrebbero parlato con lui. Avrebbero riconosciuto il suo accento nobile e lo avrebbero identificato come un uomo caduto in disgrazia. Lentamente portò la pistola contro la tempia. Non c'era scampo, nessuna alternativa. La sua mano tremò nel vano tentativo di premere il grilletto. Ma non poteva. Voleva vivere ora, proprio come quando scappò a Novakursk.
Gettò via la pistola, come se fosse un serpente velenoso attorcigliato sul suo braccio. Si girò sui tacchi e corse come se il Nefarita fosse stato ancora una volta davanti a lui. Lasciò lo studio di suo padre, la casa di suo padre, e corse giù per la strada, senza amici nella grande città. Ora sapeva che il suo onore era del tutto perso, troppo codardo per uccidere perfino sé stesso.