ALFREDO MEOCCI

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INES TABUSSO
00venerdì 12 agosto 2005 01:25

L'ESPRESSO
11 agosto 20005


Porte girevoli
Come obbedisce bene: promuoviamolo
di Edmondo Berselli

Alfredo Meocci passa da caposervizio del tg al vertice della Rai dopo una
carriera nel segno della sua fede dorotea

A proposito della designazione di Alfredo Meocci alla direzione della Rai,
non si è sottolineato bene che il suddetto non ha mai diretto niente. Ora,
nominare alla guida della massima agenzia culturale del paese un uomo che
ha raggiunto più o meno il ruolo di caposervizio al tg, e che poi ha fatto
carriera in organismi pubblici per linee interne, grazie alla sua fede dorotea
e alla sua passione per Mariano Rumor, costituisce una delle più cospicue
eccentricità del sistema italiano contemporaneo.

Questo detto benevolmente. Ancora con benevolenza si aggiunga che c'è una
norma per cui chi ha avuto posizioni in un'autorità di controllo, prima di
quattro anni non può, dicesi non può, andare a fare il controllato. Se insigni
giuristi, come il professor Malinconico di Udine, sostengono che Meocci può,
dicesi può, ciò significa una sola cosa: che il prof. Malinconico ignora
la differenza fra un caposervizio e un direttore generale. Nessuno eccepirebbe
se il giornalista Meocci ritornasse al suo onesto desk al tg. Ciò che non
si capisce è per quale ragione la maggioranza abbia voluto imporlo alla direzione
della Rai. Su 'Avvenire' i titoli hanno fatto balenare l'idea di uno scambio
colossale e miserabile: 'Alla Rai Petruccioli, a Mediaset la serie A'. In
questo schema, Meocci sarebbe un comma aggiuntivo: la scelta di una personalità
minore dettata dalla certezza della sua malleabilità. Per gli strateghi del
centrodestra Meocci è l'immagine del dirigente obbediente: promoveatur. (Come
promoveatur 'l'ing.' Claudio Regis, detto 'el Valvola', che ha fatto fuori
dall'Enea il premio Nobel Carlo Rubbia, anche se il 'Corriere della Sera'
non ha capito dove e come si sia laureato, secondo un memorabile articolo
di Gian Antonio Stella del 2 agosto).

Ora, si sa che esiste la grazia di Stato, e che papi di transizione possono
diventare papi d'epoca. Quindi a Meocci non è precluso a priori alcun obiettivo.
Ma intanto viene da chiedersi quanto sia autolesionista il paese che ha bisogno
di manager finti, che rispondono solo alla ragione politica. Verrebbe voglia
di chiederlo ai grandi imprenditori che onorano l'Italia industriale, agli
industriali che combattono la dura partita della concorrenza, ai commis che
si sbattono nonostante tutto: qualcuno di loro designerebbe come amministratore
delegato un impiegato? Montezemolo nominerebbe mai al posto di Jean Todt
un giornalista di media qualità, o un consigliere comunale del Ccd? Diego
Della Valle metterebbe al vertice delle Tod's un collaboratore del periodico
diocesano 'Verona fedele'? E il ministro Domenico Siniscalco sistemerebbe
alla direzione del Tesoro uno dell'ufficio stampa?

A proposito, sempre per toccare temi cari ai piani alti della Confindustria:
la pagliacciata dell'asta sul calcio in chiaro, con i cento miserandi euro
di offerta, è un successo del mercato o una mosconata della consociazione?
E le dichiarazioni secondo cui l'asta è stata un successo perché la Rai ha
conquistato la Coppa Italia, come andranno prese, come la certezza che i
cittadini sono diventati talmente ottusi che ingoieranno anche questa?

Sono naturalmente domande retoriche. Il punto è che quattro anni di Cdl sono
stati sufficienti per corrodere il tessuto delle regole, non solo, delle
convenzioni, delle formalità, del galateo. Ci sarà un motivo se il governatore
della Banca d'Italia e membri della sua famiglia parlano in romanesco, o
in ciociaro, con la compagnia del concerto. Ci saranno ragioni essenziali
se la Banca centrale è diventata un pertugio in cui si entra 'dal retro',
con doppi sensi ed effetti comici degni del migliore Totò. Dice Arturo Parisi,
suscitando un mezzo scandalo, che sta tornando la questione morale. Chissà.
Sta prendendo il sopravvento su un'Italia mitridatizzata, un'Italia totalmente
spregiudicata, che ha capito come trattare i veleni, che considera normale
l'illegalità e manipolabili le norme secondo interesse.

Insomma, una situazione manzoniana, si direbbe, fra gride e Azzeccagarbugli;
ma prima di ricorrere ai 'Promessi sposi', va messo a fuoco che il pettinatissimo
presidente del Consiglio ha accampato una faringite per evitare di prendere
una posizione su Fazio, con l'atteggiamento del 'troncare e sopire' tipico
del conte-zio, e che il vicepremier Tremonti ha salutato la relazione del
collega Domenico Siniscalco sulla Banca d'Italia come 'il ruggito di don
Abbondio'. Tanto per restare in ambito manzoniano, non resterebbe che aspettare
una bella pioggia, che porti via la peste.


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