Guccini

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sergio.T
00lunedì 18 dicembre 2006 21:18
Autunno


Un'oca che guazza nel fango,
un cane che abbaia a comando,
la pioggia che cade e non cade
le nebbie striscianti che svelano e velano strade...

Profilo degli alberi secchi,
spezzarsi scrosciante di stecchi,
sul monte, ogni tanto, gli spari
e cadono urlando di morte gli animali ignari...

L'autunno ti fa sonnolento,
la luce del giorno è un momento
che irrompe e veloce è svanita:
metafora lucida di quello che è la nostra vita...

L'autunno che sfuma i contorni
consuma in un giorno più giorni,
ti sembra sia un gioco indolente,
ma rapido brucia giornate che appaiono lente...

Odori di fumo e foschia,
fanghiglia di periferia,
distese di foglia marcita
che cade in silenzio lasciando per sempre la vita...

Rinchiudersi in casa a aspettare
qualcuno o qualcosa da fare,
qualcosa che mai si farà,
qualcuno che sai non esiste e che non suonerà...

Rinchiudersi in casa a contare
le ore che fai scivolare
pensando confuso al mistero
dei tanti "io sarò" diventati per dempre "io ero"...

Rinchiudersi in casa a guardare
un libro, una foto, un giornale
e ignorando quel rodere sordo
che cambia "io faccio" e lo fa diventare "io ricordo"...

La notte è di colpo calata,
c'è un'oscurità perforata
da un'auto che passa veloce
lasciando soltanto al silenzio la buia sua voce...

Rumore che appare e scompare,
immagine crepuscolare
del correre tuo senza scopo,
del tempo che gioca con te come il gatto col topo...

Le storie credute importanti
si sbriciolano in pochi istanti:
figure e impressioni passate
si fanno lontane e lontana così è la tua estate...

E vesti la notte incombente
lasciando vagare la mente
al niente temuto e aspettato
sapendo che questo è il tuo autunno...
che adesso è arrivato...

sergio.T
00lunedì 18 dicembre 2006 21:23
Argentina

da Guccini [1983]

Il treno, ah, un treno è sempre così banale se non è un treno della prateria
o non è un tuo "Orient Express" speciale, locomotiva di fantasia.
L' aereo, ah, l' aereo è invece alluminio lucente, l' aereo è davvero saltare il fosso,
l' aereo è sempre "The Spirit of Saint Louis" ,"Barone Rosso"
e allora ti prende quella voglia di volare che ti fa gridare in un giorno sfinito,
di quando vedi un jumbo decollare e sembra che s' innalzi all'infinito.

E allora, perchè non andare in Argentina? Mollare tutto e andare in Argentina,
per vedere com'è fatta l'Argentina...

Il tassista, ah, il tassista non perse un istante a dirci che era pure lui italiano,
gaucho di Sondrio o Varese, ghigna da emigrante, impantanato laggiù lontano.
Poi quelle strade di auto scarburate e quella gente anni '50 già veduta,
tuffato in una vita ritrovata, vera e vissuta,
come entrare a caso in un portone di fresco, scale e odori abituali,
posar la giacca, fare colazione e ritrovarsi in giorni e volti uguali,

perchè io ci ho già vissuto in Argentina, chissà come mi chiamavo in Argentina
e che vita facevo in Argentina?

Poi un giorno, disegnando un labirinto di passi tuoi per quei selciati alieni
ti accorgi con la forza dell' istinto che non son tuoi e tu non gli appartieni,
e tutto è invece la dimostrazione di quel poco che a vivere ci è dato
e l' Argentina è solo l' espressione di un' equazione senza risultato,
come i posti in cui non si vivrà, come la gente che non incontreremo,
tutta la gente che non ci amerà, quello che non facciamo e non faremo,
anche se prendi sempre delle cose, anche se qualche cosa lasci in giro,
non sai se è come un seme che dà fiore o polvere che vola ad un respiro.

L' Argentina, l' Argentina, che tensione! Quella Croce del Sud nel cielo terso,
la capovolta ambiguità d' Orione e l' orizzonte sembra perverso.
Ma quando ti entra quella nostalgia che prende a volte per il non provato
c'è la notte, ah, la notte, e tutto è via, allontanato.
E quella che ti aspetta è un' alba uguale che ti si offre come una visione,
la stessa del tuo cielo boreale, l'alba dolce che dà consolazione

e allora, com'è tutto uguale in Argentina! Oppure, chissà com'è fatta l' Argentina,
e allora... "Don't cry for me, Argentina"...

Carlo Maria
00martedì 19 dicembre 2006 00:41
LA CANZONE DEI DODICI MESI - RADICI

Viene Gennaio silenzioso e lieve, un fiume addormentato
fra le cui rive giace come neve il mio corpo malato, il mio corpo malato...
Sono distese lungo la pianura bianche file di campi,
son come amanti dopo l'avventura neri alberi stanchi, neri alberi stanchi...
Viene Febbraio, e il mondo è a capo chino, ma nei convitti e in piazza
lascia i dolori e vesti da Arlecchino, il carnevale impazza, il carnevale impazza...
L'inverno è lungo ancora, ma nel cuore appare la speranza
nei primi giorni di malato sole la primavera danza, la primavera danza..
Cantando Marzo porta le sue piogge, la nebbia squarcia il velo,
porta la neve sciolta nelle rogge il riso del disgelo, il riso del disgelo...
Riempi il bicchiere, e con l'inverno butta la penitenza vana,
l'ala del tempo batte troppo in fretta, la guardi, è già lontana, la guardi, è già lontana...
O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare.
Con giorni lunghi al sonno dedicati il dolce Aprile viene,
quali segreti scoprì in te il poeta che ti chiamò crudele, che ti chiamò crudele...
Ma nei tuoi giorni è bello addormentarsi dopo fatto l'amore,
come la terra dorme nella notte dopo un giorno di sole, dopo un giorno di sole...
Ben venga Maggio e il gonfalone amico, ben venga primavera,
il nuovo amore getti via l'antico nell' ombra della sera, nell' ombra della sera...
Ben venga Maggio, ben venga la rosa che è dei poeti il fiore,
mentre la canto con la mia chitarra brindo a Cenne e a Folgore, brindo a Cenne e a Folgore...
Giugno, che sei maturità dell'anno, di te ringrazio Dio:
in un tuo giorno, sotto al sole caldo, ci sono nato io, ci sono nato io...
E con le messi che hai fra le tue mani ci porti il tuo tesoro,
con le tue spighe doni all' uomo il pane, alle femmine l' oro, alle femmine l' oro...
O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare...
Con giorni lunghi di colori chiari ecco Luglio, il leone,
riposa, bevi e il mondo attorno appare come in una visione, come in una visione...
Non si lavora Agosto, nelle stanche tue lunghe oziose ore
mai come adesso è bello inebriarsi di vino e di calore, di vino e di calore...
Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull' età,
dopo l' estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità...
Ti siedi e pensi e ricominci il gioco della tua identità,
come scintille brucian nel tuo fuoco le possibilità, le possibilità...
Non so se tutti hanno capito Ottobre la tua grande bellezza:
nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza, prepari mosto e ebbrezza...
Lungo i miei monti, come uccelli tristi fuggono nubi pazze,
lungo i miei monti colorati in rame fumano nubi basse, fumano nubi basse...
O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, e tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare...
Cala Novembre e le inquietanti nebbie gravi coprono gli orti,
lungo i giardini consacrati al pianto si festeggiano i morti, si festeggiano i morti...
Cade la pioggia ed il tuo viso bagna di gocce di rugiada
te pure, un giorno, cambierà la sorte in fango della strada, in fango della strada...
E mi addormento come in un letargo, Dicembre, alle tue porte,
lungo i tuoi giorni con la mente spargo tristi semi di morte, tristi semi di morte...
Uomini e cose lasciano per terra esili ombre pigre,
ma nei tuoi giorni dai profeti detti nasce Cristo la tigre, nasce Cristo la tigre...
O giorni, o mesi che andate sempre via, sempre simile a voi è questa vita mia.
Diverso tutti gli anni, ma tutti gli anni uguale,
la mano di tarocchi che non sai mai giocare, che non sai mai giocare
che non sai mai giocare, che non sai mai giocare
che non sai mai giocare, che non sai mai giocare...
greta68
00martedì 19 dicembre 2006 09:07
Incontro
E correndo mi incontrò lungo le scale, quasi nulla mi sembrò cambiato in lei,
la tristezza poi ci avvolse come miele per il tempo scivolato su noi due.
Il sole che calava già rosseggiava la città
già nostra e ora straniera e incredibile e fredda:
come un istante "deja vu", ombra della gioventù, ci circondava la nebbia...

Auto ferme ci guardavano in silenzio, vecchi muri proponevan nuovi eroi,
dieci anni da narrare l'uno all' altro, ma le frasi rimanevan dentro in noi:
"cosa fai ora? Ti ricordi? Eran belli i nostri tempi,
ti ho scritto è un anno, mi han detto che eri ancor via".
E poi la cena a casa sua, la mia nuova cortesia, stoviglie color nostalgia...

E le frasi, quasi fossimo due vecchi, rincorrevan solo il tempo dietro a noi,
per la prima volta vidi quegli specchi, capii i quadri, i soprammobili ed i suoi.
I nostri miti morti ormai, la scoperta di Hemingway,
il sentirsi nuovi, le cose sognate e ora viste:
la mia America e la sua diventate nella via la nostra città tanto triste...

Carte e vento volan via nella stazione, freddo e luci accesi forse per noi lì
ed infine, in breve, la sua situazione uguale quasi a tanti nostri films:
come in un libro scritto male, lui s' era ucciso per Natale,
ma il triste racconto sembrava assorbito dal buio:
povera amica che narravi dieci anni in poche frasi ed io i miei in un solo saluto...

E pensavo dondolato dal vagone "cara amica il tempo prende il tempo dà...
noi corriamo sempre in una direzione, ma qual sia e che senso abbia chi lo sa...
restano i sogni senza tempo, le impressioni di un momento,
le luci nel buio di case intraviste da un treno:
siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa e il cuore di simboli pieno..."
frank ch
00martedì 19 dicembre 2006 15:58
Basterebbe quel "grattarsi". che tutto spiazza e tutto dice, in quella che è forse (troppe quelle eccezionali) la sua migliore.
Francesca.Pittsburgh
00mercoledì 20 dicembre 2006 00:05
Ti Ricordi Quei Giorni

Ti ricordi quei giorni?
Uscimmo dopo le canzoni per camminare piano...
Ti ricordi quei giorni?
Gli amici bevevano vino, qualcuno parlava e rideva, noi quasi lontano,
vicino a te,
vicino a me
e ci parlammo ognuno per lasciare qualcosa,
per creare qualcosa, per avere qualcosa...

Ti ricordi quei giorni?
I tuoi occhi si incupivano, il tuo viso si arrossava
e ti stringevi a me nella mia stanza,
quasi un respiro, poi mi dicesti "Basta,
perché non voglio guardarti,
perché ho paura ad amarti".
E dicesti, e dicesti e dicesti...

Le tue parole
quasi io non ricordo più,
ma nemmeno tu ricordi niente....

Ora dove sei e che gente
vede il tuo viso e ascolta
le tue parole leggere,
le tue sciocchezze leggere,
le tue lacrime leggere,
come una volta?

Che cosa dici ora
quando qualcuno ti abbraccia
e tu nascondi la faccia
e tu alzi fiera la faccia
e guardi diritto in faccia
come allora?

Qui un poco piove e un poco il sole,
aspettiamo ogni giorno
che questa estate finisca,
che ogni incertezza svanisca...

E tu? Io non ricordo più
che voce hai...
Che cosa fai?
Io non credo davvero
che quel tempo ritorni,
ma ricordo quei giorni,
ma ricordo quei giorni,
ma ricordo quei giorni
ma ricordo...
mujer
00mercoledì 20 dicembre 2006 10:32
Così diamo una nota allegra a questa stanzona nostalgica [SM=x74930]

--->clicca qua
Takfir
00mercoledì 20 dicembre 2006 11:24
Questa è la canzone di Guccini che amo di più :

Ma bella più di tutte è l'isola non trovata,
quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino,
il Re del Portogallo, con firma suggellata
e bulla del pontefice in gotico latino.
Il Re di Spagna fece vela cercando l'isola incantata
però quell'isola non c'era e mai nessuno l'ha trovata.
Svanì di prua dalla galea come un'idea;
come una splendida utopia è andata via
e non tornerà mai più.
Le antiche carte dei corsari portano un segno misterioso,
ne parlan piano i marinai con un timor superstizioso.
Nessuno sa se c'è davvero od è un pensiero;
se a volte il vento ne ha il profumo.
È come il fumo che non prendi mai!
Appare a volte a volta di foschia magica, e bella,
ma se il pilota avanza su mari misteriosi è già volata via
tingendosi d'azzurro color di lontananza.


E questa, secondo voi di chi è ?

Ma bella più di tutte l'Isola Non-Trovata:
quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino
il Re del Portogallo con firma suggellata
e bulla del Pontefice in gotico latino.
L'infante fece vela pel regno favoloso,
vide le Fortunate: Iunonia, Gorgo, Hera
e il Mare di Sargasso e il Mare Tenebroso,
quell'isola cercando... Ma l'isola non c'era.
Invano le galee panciute a vele tonde,
le caravelle invano armarono la prora;
con pace del Pontefice l'isola si nasconde,
e Portogallo e Spagna le cercano tuttora.
L'Isola esiste. Appare talora di lontano
tra Teneriffe e Palma, soffusa di mistero:
"L'Isola Non-Trovata!" Il buon Canariano
dal Picco alto di Teyde l'addita al forestiero.
La segnano le carte antiche dei corsari.
... Hifola da - trovarfi? ... Hifola pellegrina? ...
È l'isola fatata che scivola sui mari;
talora i naviganti la vedono vicina...
Radono con le prore quella beata riva:
tra fiori mai veduti svettano palme somme,
odora la divina forestaspessa e viva,
lacrima il cardamomo, trasudano le gomme...
S'annuncia col produmo, come una cortigiana,
l'Isola Non-Trovata... Ma, se il piloto avanza,
rapida si dilegua come parvenza vana,
si tinge dell'azzurro color di lontananza...

carla b.
00mercoledì 20 dicembre 2006 11:50
Re:

Scritto da: Takfir 20/12/2006 11.24
E questa, secondo voi di chi è ?

Ma bella più di tutte l'Isola Non-Trovata:
quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino
il Re del Portogallo con firma suggellata
e bulla del Pontefice in gotico latino.
.....col produmo, come una cortigiana,
l'Isola Non-Trovata... Ma, se il piloto avanza,
rapida si dilegua come parvenza vana,
si tinge dell'azzurro color di lontananza...




Guido Gozzano [SM=x75028]
sergio.T
00mercoledì 20 dicembre 2006 14:43
Gozzano crepuscolare...
Takfir
00mercoledì 20 dicembre 2006 14:47
L'unico lato della sua opera che apprezzo.
sergio.T
00mercoledì 20 dicembre 2006 14:49
takfir, proprio domenica ho letto di riporto, elogio dell'amore ancillare...
Burlesca, la definerei.
sergio.T
00mercoledì 20 dicembre 2006 14:54
alcuni testi di Guccini sono terribilmente esistenzialisti.
Io conosco poco questo autore, ma ho la vaga impressione che le sue parole debbano nascondere profonde verita' per ciascuno di noi, o comunque per coloro che si riconoscono in alcuni tratti.
So che ci sono molti libri a lui dedicati; prima o poi ne leggero' qualcuno.
Francesca.Pittsburgh
00mercoledì 20 dicembre 2006 18:26
Sergio, chiedili a Tiziano in prestito. Lui ne ha di sicuro. [SM=x74968]

Francy
cg2
00mercoledì 20 dicembre 2006 18:59
Sapete che Guccini amava e ancora ama i fumetti?
Anzi, appena le trovo posto due righe in cui parla del Paperino di Barks, autore che lui, per certi versi, considera inarrivabile.
cg2
00mercoledì 20 dicembre 2006 19:13
Re:

Scritto da: Francesca.Pittsburgh 20/12/2006 18.26
Sergio, chiedili a Tiziano in prestito. Lui ne ha di sicuro. [SM=x74968]

Francy

Ciao Francy.
Qualcuno l'ha già sfogliato.
Ma più che i libri è utile l'Amarone. Sabato scorso in montagna, dopo essermi ubriacato, gli ho fatto due palle così mitragliandolo di versi gucciniani. Avresti dovuto vedere la sua faccia...
Bellissima serata: vino e camino, Guccini e cammino.
cg2
00giovedì 21 dicembre 2006 20:16
Ecco, ho trovato quelle righe in cui Guccini parla di Barks.

In Amerigo, Guccini definisce il mondo di Paperino “ sognante e misterioso “ ed è definizione strana per un tipo quale il Paperino incazzoso, stizzoso e irascibile che conosciamo. Secondo Guccini invece:

“…Il Paperino di Barks, quello disegnato e sceneggiato dal grande Barks tra il 1945 e il 1963, è un sognatore, un romantico, e il mondo in cui Barks lo fa vivere è effettivamente sognante e misterioso. Paperino insegue continuamente queste civiltà mitiche scomparse, le Sette Città di Cibola, L’Uomo d’Oro, l’Eldorado, Atlantide, questi mondi misteriosi popolati da tribù incredibili, i Pincoletos, indiani primitivi quasi russoiani, i beduini del deserto, gli abitanti di quella specie di Shangri-La nella valle del Tibet…Barks è un autore sottovalutato…bisognerebbe leggerlo in inglese…è stato mal tradotto, perché adattato al costume italiano si perde molto del sapore del linguaggio di Paperino e di tutti i paperi. Il loro è un linguaggio meraviglioso, a volte anche shakesperiano o falsamente shakesperiano…Barks possiede un’ironia che si può benissimo collegare a un tipo di letteratura inglese che amavo e amo ancora, cioè l’ironia dickensiana. Tanto è vero che Barks ha adattato certe cose di Dickens ai paperi, ma poi se ci pensi un attimo, ti accorgi che questo tipo d’ironia c’è anche in Shakespeare…”

Ora, per voi esperti del genere, sicuramente tutto questo è risaputo e scontato, ma vi giuro che per chi, come me, esperto non lo è affatto, leggere queste cose ha il sapore di una scoperta molto affascinante. Chi avrebbe mai pensato a questo tipo di ricchezza nascosta a Paperopoli.

Morale : da Guccini c’è sempre qualcosa da imparare.
sergio.T
00giovedì 21 dicembre 2006 23:00
Vero.
In piu' ho sempre detto che Paperino e' un mito.
sergio.T
00lunedì 8 gennaio 2007 15:59
Un testo meraviglioso.
Addio Francesco Guccini lyrics
Artist: Francesco Guccini
Album: Stagioni
Year: 2000
Title: Addio


Nell'anno '99 di nostra vita
io, Francesco Guccini, eterno studente
perché la materia di studio sarebbe infinita
e soprattutto perché so di non sapere niente,
io, chierico vagante, bandito di strada,
io, non artista, solo piccolo baccelliere,
perché, per colpa d'altri, vada come vada,
a volte mi vergogno di fare il mio mestiere,

io dico addio a tutte le vostre cazzate infinite,
riflettori e paillettes delle televisioni,
alle urla scomposte di politicanti professionisti,
a quelle vostre glorie vuote da coglioni...

E dico addio al mondo inventato del villaggio globale,
alle diete per mantenersi in forma smagliante
a chi parla sempre di un futuro trionfale
e ad ogni impresa di questo secolo trionfante,
alle magie di moda delle religioni orientali
che da noi nascondono soltanto vuoti di pensiero,
ai personaggi cicaleggianti dei talk-show
che squittiscono ad ogni ora un nuovo "vero"
alle futilità pettegole sui calciatori miliardari,
alle loro modelle senza umanità
alle sempiterne belle in gara sui calendari,
a chi dimentica o ignora l'umiltà...

Io, figlio d'una casalinga e di un impiegato,
cresciuto fra i saggi ignoranti di montagna
che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia,
io, tirato su a castagne ed ad erba spagna,
io, sempre un momento fa campagnolo inurbato,
due soldi d'elementari ed uno d'università,
ma sempre il pensiero a quel paese mai scordato
dove ritrovo anche oggi quattro soldi di civiltà...

Io dico addio a chi si nasconde con protervia dietro a un dito,
a chi non sceglie, non prende parte, non si sbilancia
o sceglie a caso per i tiramenti del momento
curando però sempre di riempirsi la pancia
e dico addio alle commedie tragiche dei sepolcri imbiancati,
ai ceroni ed ai parrucchini per signore,
alle lampade e tinture degli eterni non invecchiati,
al mondo fatto di ruffiani e di puttane a ore,
a chi si dichiara di sinistra e democratico
però è amico di tutti perché non si sa mai,
e poi anche chi è di destra ha i suoi pregi e gli è simpatico
ed è anche fondamentalista per evitare guai
a questo orizzonte di affaristi e d'imbroglioni
fatto di nebbia, pieno di sembrare,
ricolmo di nani, ballerine e canzoni,
di lotterie, l'unica fede il cui sperare...

Nell'anno '99 di nostra vita
io, giullare da niente, ma indignato,
anch'io qui canto con parola sfinita,
con un ruggito che diventa belato,
ma a te dedico queste parole da poco
che sottendono solo un vizio antico
sperando però che tu non le prenda come un gioco,
tu, ipocrita uditore, mio simile...
mio amico...







Cleofel
00lunedì 8 gennaio 2007 23:54
Bellissima.
E c'entra poco, ma mi sono venuti in mente dei versi molto più vecchi

E un'altra volta è notte e suono
non so nemmeno io per che motivo, forse perchè son vivo
e voglio in questo modo dire 'sono'
o forse perche' e' un modo pure questo per non andare a letto.
O forse perche' ancora c'e' da bere
e mi riempio il bicchiere


e la casa dei nonni a Bologna in Via Paolo Fabbri, quando uscivo ed andavo a spiare in fondo alla strada...
Muasie
00domenica 14 gennaio 2007 17:07
Guccini è stato il cantautore dei miei fratelli. Anzi il Cantautore. [SM=x74931] Non saprei spiegare perché invece io me ne tenessi lontana da ragazza. Certo, le sue canzoni più “impegnate” e contestatarie alla fine, inevitabilmente, diventarono note anche a me... le canticchiavo pure io. Di provare a conoscerlo per conto mio però, magari andando alla scoperta dei suoi testi che fratelli e amici conoscevano a menadito, non se ne parlava minimamente. [SM=x74982] E tuttavia ho sempre pensato che prima o poi ci saremo incontrati nuovamente, io e lui, e che allora gli avrei dedicato una diversa attenzione. E così è stato. L'album Stagioni, cui appartengono i testi riportati da Sergio, “Autunno” e “Addio”, è stato la colonna sonora di qualche mese fa. Gennaio mi vede ascoltare, e riascoltare, L'isola non trovata (1971), di cui Takfir ha postato alcuni versi dell'omonimo testo. Album già noto ma ora ascoltato [SM=x74946] ed ecco così la riscoperta de “Il frate” ma anche de “Il tema”, “L'uomo” , “Asia” .....

“Il frate”... un'”immagine”, quella di questo personaggio, che mi rimase impressa fin dalla prima volta che ascoltai il brano. È stato davvero bello ritrovarla. [SM=x74930]

Lo chiamavano "il frate", il nome di tutta una vita,
segno di una fede perduta, di una vocazione finita.
Lo vedevi arrivare vestito di stracci e stranezza,
mentre la malizia dei bimbi rideva della sua saggezza...

Dopo un bicchiere di vino, con frasi un po' ironiche e amare,
parlava in tedesco e in latino, parlava di Dio e Schopenhauer.

E parlava, parlava, con me che lo stavo a sentire
mentre la sera d'estate non voleva morire...
Viveva di tutto e di niente, di vino che muove i ricordi,
di carità della gente, di dei e filosofi sordi...

Chiacchiere d' un ubriaco con salti di tempo e di spazio,
storie di sbornie e di amori che non capivano Orazio...

E quelle sere d' estate sapevan di vino e di scienza,
con me che lo stavo a sentire con colta benevolenza.
Ma non ho ancora capito mentre lo stavo a ascoltare
chi fosse a prendere in giro, chi dei due fosse a imparare...

Ma non ho ancora capito, fra risa per donne e per Dio,
se fosse lui il disperato o il disperato son io...

Ma non ho ancora capito con la mia cultura fasulla
chi avesse capito la vita chi non capisse ancor nulla...

[Modificato da Muasie 14/01/2007 17.13]

sergio.T
00domenica 14 gennaio 2007 17:58
Ciao Mausie, non ci crederai,ma Guccini lo sto conoscendo in modo approffondito solo in questi ultimi tempi.
Ieri, in montagna, con il mio amico Tizi , mi sono comprato il triplo cd delle sue migliori canzoni.
Mi piacciono molto: i testi, poi , sono fantastici.
In moltissimi di essi mi ritrovo; ritrovo i miei pensieri ed alcune mie concezioni esistenziali.
Su altri temi, invece, non sono e non posso essere d'accordo con Guccini, ma c'e' una cosa: ho la netta sensazione, che seppur non condivida alcune sue interpretazioni ( il concetto di tempo soprattutto) questo autore merita tutto il mio rispetto per un semplicissimo motivo: e' un puro di cuore, e i puri, anche se contrari in alcune tematiche alla mia filosofia esistenziale, meritano e strameritano il massimo rispetto.
Guccini sta diventando un mio caro amico.

sergio.T
00lunedì 15 gennaio 2007 09:14
Samantha
Samantha scende le scale di un policentro attrezzato comunale,
trent'anni e poi l'appartamento sarà suo, o meglio, dei suoi genitori,
che ogni mese devono strappare il mutuo da uno stipendio da fame, ma Milano
è tanto grande da impazzire,
e il sole incerto becca di sguincio, in questa domenica d'aprile,
ogni pietra, ogni portone ed ogni altro ammennicolo urbanistico.
Ma Samantha saltella, non sa d'avere lunghe gambe da cervo
e il seno, come si dice, in fiore, teso, sopra a un corpo ancora acerbo
e Samantha, Samantha ancora non sa d'avere un destino da modella
e corre allegra lungo i graffiti osceni delle scale quasi donna, quasi bella.
E fuori Milano muore di malinconia, di sole che tramonta là in periferia,
di auto del ritorno, famiglie, freni e gas di scarico.
Lontano il centro è quasi un altro mondo, San Siro un urlo che non cogli a fondo,
ti taglia un senso vago di infinito panico.
Spunta un gasometro dietro a muri neri, oziosi vagolano i tuoi pensieri
e in aria il cielo è un qualche cosa viola carico.
Andrea è giù nel cortile, jeans regolari e faccia da vinile,
giacca a vento come dio comanda e legata al polso la bandana,
un piede contro al muro e lì l'aspetta perché vuol parlarle, niente,
forse d'amore ma non sa che dire, con le parole quasi lombarde che non sanno uscire
e si accende rabbioso una Marlboro di alibi,
e si guardano di sbieco, appena un cenno istintivo di saluto,
ma a Samantha batte il cuore da morire mentre Andrea rimane muto;
e lei ritornera con le M.S. per suo padre steso davanti a qualche canale
e lui mediterà al bar dietro a una birra che la vita può far male.
E Milano sembra che stia lì a abbracciarsi quei due che non sapranno più parlarsi,
solo sfiorarsi in un momento vago e via.
Samantha presto cambierà quartiere per un destino che non sa vedere,
e Andrea diventerà padrone di una pizzeria.
Ed io, burattinaio di parole, perché mi perdo dietro a un primo sole,
perché mi prende quest'assurda nostalgia?

sergio.T
00martedì 16 gennaio 2007 11:36
Cyrano
Venite pure avanti voi, con il naso corto
signori imbellettati, io più non vi sopporto
Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio
perché con questa spada vi uccido quando voglio

Venite pure avanti, poeti sgangherati
inutili cantanti di giorni sciagurati
buffoni che campate di versi senza forza
avrete soldi e gloria, ma non avete scorza
Godetevi il successo, godete finchè dura
che il pubblico è ammaestrato e non vi fa paura
e andate chissà dove per non pagar le tasse
col ghigno e l’ignoranza dei primi della classe
Io sono solo un povero cadetto di Guascogna
però non la sopporto la gente che non sogna
gli orpelli, l’arrivismo, all’amo non abbocco
e al fin della licenza io non perdono e tocco
io non perdono, non perdono e tocco

Facciamola finita, venite tutti avanti
nuovi protagonisti, politici rampanti
venite portaborse, ruffiani, mezzecalze
feroci conduttori di trasmissione false
Che avete spesso fatto del qualunquismo un’arte
coraggio liberisti, buttate giù le carte
tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese
in questo benedetto, assurdo belpaese
Non me ne frega niente se anche io sono sbagliato
spiacere è il mio piacere, io amo essere odiato
coi furbi e prepotenti da sempre mi balocco
e al fin della licenza io non perdono e tocco
io non perdono, non perdono e tocco

Ma quando sono solo, con questo naso al piede
e almeno di mezz’ora da sempre mi precede
si spegne la mia rabbia, ricordo con dolore
che a me è quasi proibito il sogno di un amore
Non so quante ne ho amate, non so quante ne ho avute
per colpa o per destino, le donne le ho perdute
e quando sento il peso d’essere sempre solo
mi chiudo in casa e scrivo, e scrivendo mi consolo
Ma dentro di me sento che il grande amore esiste
amo senza peccato, amo ma sono triste
perché Rossana è bella, siamo così diversi
a parlarle non riesco, le scriverò dei versi
e parlerò coi versi

Venite gente vuota, facciamola finita
voi preti che vendete a tutti un’altra vita
se c’è come voi dite un Dio nell’infinito
guardatevi nel cuore, l’avete già tradito
E voi materialisti col vostro chiodo fisso
che Dio è morto e l’uomo è solo in questo abisso
le verità cercate per terra da maiali
tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali
Tornate a casa nani, levatevi davanti
per la mia rabbia enorme mi servono giganti
ai dogmi e pregiudizi da sempre non abbocco
e al fin della licenza io non perdono e tocco
io non perdono, non perdono e tocco

Io tocco i miei nemici col naso e con la spada
ma in questa vita, oggi, non trovo più la strada
non voglio rassegnarmi ad essere cattivo
tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo
Deve esserci lo sento, in terra, in cielo un posto
dove non soffriremo e tutto sarà giusto
non ridere, ti prego, di queste mie parole
io sono solo un'ombra e tu Rossana il sole
Ma tu lo so non ridi, dolcissima signora
Ed io non mi nascondo sotto la tua dimora
perchè oramai lo sento, non ho sofferto invano
se mi ami come sono, per sempre tuo
per sempre tuo, per sempre tuo Cyrano”
sergio.T
00martedì 16 gennaio 2007 11:39
Canzone delle domande consuete.
E' una delle mie preferite



Ancora qui a domandarsi e a far finta di niente
come se il tempo per noi non costasse l' uguale,
come se il tempo passato ed il tempo presente
non avessero stessa amarezza di sale.

Tu non sai le domande, ma non risponderei
per non strascinare parole in linguaggio d' azzardo;
eri bella, lo so, e che bella che sei,
dicon tanto un silenzio e uno sguardo...

Se ci sono non so cosa sono e se vuoi
quel che sono o sarei, quel che sarò domani,
non parlare non dire più niente, se puoi,
lascia farlo ai tuoi occhi, alle mani...

Non andare... vai... Non restare...stai... Non parlare... parlami di te...

Tu lo sai, io lo so, quanto vanno disperse,
trascinate dai giorni come piena di fiume
tante cose sembrate e credute diverse,
come un prato coperto a bitume.

Rimanere così, annaspare nel niente,
custodire i ricordi, carezzare le età;
è uno stallo o un rifiuto crudele e incosciente
del diritto alla felicità...

Se ci sei, cosa sei? Cosa pensi e perchè?
Non lo so, non lo sai; siamo qui o lontani?
Esser tutto, un momento, ma dentro di te,
aver tutto, ma non il domani...

Non andare... vai.. Non restare...stai... Non parlare... parlami di te...

E siamo qui spogli in questa stagione che unisce
tutto ciò che sta fermo, tutto ciò che si muove,
non so dire se nasce un periodo o finisce,
se dal cielo ora piove o non piove...

Pronto a dire "buongiorno", a rispondere "bene",
a sorridere a "salve", dire anch'io "come va?"
Non c'è vento stasera. Siamo o non siamo assieme?
Fuori c'è ancora una città?

Se c'è ancora balliamoci dentro stasera,
con gli amici cantiamo una nuova canzone...
tanti anni e son qui ad aspettar primavera,
tanti anni ed ancora in pallone...

Non andare... vai... Non restare...stai... Non parlare... parlami di te...
Non andare... vai... Non restare...stai... Non parlare... parlami di noi...

mujer
00martedì 16 gennaio 2007 15:08
questa è davvero molto bella, e non ricordo di averla mai sentita
tuppetuppe
00martedì 16 gennaio 2007 17:41
Io Guccini non lo conosco molto, in verità. Questa però l'ho sentita solo una volta, mille anni fa, e mi è rimasta impressa.



Canzone della bambina portoghese

E poi e poi, gente viene qui e ti dice
Di sapere già ogni legge delle cose
E tutti, sai, vantano un orgoglio cieco
di verità fatte di formule vuote
E tutti, sai, ti san dire come fare,
Quali leggi rispettare, quali regole osservare,
Qual è il vero vero,
E poi, e poi, tutti chiusi in tante celle,
Fanno a chi parla più forte
Per non dir che stelle e morte fan paura.

Al caldo del sole, al mare scendeva la bambina portoghese
Non c'eran parole, rumori soltanto come voci sospese.
Il mare soltanto, e il suo primo bikini amaranto,
Le cose più belle e la gioia del caldo alla pelle.

Gli amici vicino sembravan sommersi dalla voce del mare;
O sogni o visioni qualcosa la prese e si mise a pensare;
Sentì che era un punto al limite di un continente,
Sentì che era un niente, l'Atlantico immenso di fronte.

E in questo sentiva qualcosa di grande
Che non riusciva a capire, che non poteva intuire;
Che avrebbe spiegato, se avesse capito lei, e l'oceano infinito;
Ma il caldo l'avvolse, si sentì svanire e si mise a dormire.
E fu solo del sole, come di mani future.
Restaron soltanto il mare e un bikini amaranto.

E poi e poi, se ti scopri a ricordare,
Ti accorgerai che non te ne importa niente.
E capirai che una sera o una stagione
Son come lampi, luci accese e dopo spente.
E capirai che la vera ambiguità
è la vita che viviamo, il qualcosa che chiamiamo esser uomini,
E poi, e poi, che quel vizio che ci ucciderà
Non sarà fumare o bere, ma il qualcosa che ti porti dentro,
Cioè vivere.
sergio.T
00martedì 16 gennaio 2007 17:52
Ciao tuppe, anch'io fino a poco tempo fa non lo conoscevo bene.
Dammi a retta, ascoltalo, ne vale veramente la pena.
Quante verita' esistenziali nei suoi bellissimi testi.
Francesca.Pittsburgh
00martedì 16 gennaio 2007 18:38
Sergio, ma quanti amaroni ti ha fatto scolare Tizi per farti apprezzare FINALMENTE Guccini??? [SM=x75032]

3 CD??? [SM=x74902]
sergio.T
00mercoledì 17 gennaio 2007 10:01
Ciao Francesca, si parecchi Amarone, passando anche per qualche Barolo.
Del resto, vecchietti come siamo, non ci resta altro che una "elegante" trattoria, una buona cena e un buon vino.
Poi qualche locale, se capita, o a casa davanti al camino.
Il tutto farcito con discussioni tra il serio e il faceto: passiamo dal Milan, alla filosofia, all'esitenza.
E poi qualche canzone di Guccini.
In fondo siamo di razza buona, oltre che ad essere due genii: e'
il nostro destino
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