INTERVISTA A NEFFA

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k.rush
00martedì 31 gennaio 2006 15:02
BUON VECCHIO ZIO NEFFA
di Stefano S3Keno Piccoli
(Da http://members.xoom.virgilio.it/_XOOM/h8h/epbimages/neffa1.htm)

Chiacchiere da bar dello sport. Argomenti da chat, da nuovo topic sulla board di turno. Ragazzine di 17 anni che si permettono di dire “se mai ha fatto hip hop” senza conoscere la storia. Neffa quello dei Sangue Misto. Neffa contro tutti. Neffa che se vuole ha da dare resti a tutti. O a nessuno.
Un’intera scena nazionale che si sente tradita. Che vede uno dei propri ‘profeti’ andare via. Che percepisce un senso di perdita. E che allora spara a zero, delusa, arrabbiata, invidiosa forse. Neffa che non rappa più. Neffa che ha raggiunto uno standard nel rap, che ha stabilito il livello da superare. Neffa che ha lasciato in eredità “SXM”, “I messaggeri della dopa”, “107 Elementi” e “Chicopisco”. Un’eredità viva, a disposizione di chiunque.
Bisogna ascoltare “Arrivi e partenze” per intero, non solo “La mia signorina”. Bisogna imparare ad ascoltarli questi benedetti dischi, anche quando sono ‘diversi’. Bisogna incontrare Neffa per parlare con lui, per metterlo di fronte ad un interlocutore disponibile che sia in grado di farlo anche ‘sfogare’, se necessario. Neffa che amareggiato vuole farsi capire. Neffa che in ciabattine sul divano della Universal è semplicemente Giovanni ‘che suona’ e nemmeno un intero pomeriggio basterebbe a contenere le sue parole…

Del terzo cambiamento musicale.
“Il terzo da quando sono conosciuto, in verità i miei ‘cambiamenti’ sono stati molti di più, sono stato anche frikkettone e metallaro! Comunque tre se consideriamo l’hardcore con i Negazione, il rap ed ora questo nuovo percorso”.

Della rappresentazione di se stesso come artista e come persona.
“Beh, ora ‘sta roba mi rappresenta a paletta. Sto bene perché è la musica che voglio fare ora, però nella mia vita ho imparato che quello che mi rappresenta oggi forse non mi andrà più bene domani e forse è molto diverso da quello che facevo l’altro ieri. Per cui oggi è questo. A 18 anni tendevo ad essere molto più totalitario, mi sembrava che tutto fosse inciso nella pietra. In realtà penso che la vita di nessuno di noi sia così importante da dover restare sempre uguale, o comunque da dover appartenere per forza a qualcosa o a qualcuno per ciò che si fa. Io sono stato ‘preso male’ per un anno perché sapevo che non avrei più fatto il rap e mi dispiaceva perché – se lo consideriamo come uno strumento musicale – è la roba che sapevo suonare meglio. Tra l’altro l’ho scoperto molto casualmente, poi nel tempo ho capito che sin da piccolo ero uno che giocava molto con le parole, quindi alla fine ce l’avevo nei geni ma non potevo saperlo, perché è una cosa che ci ha beccati tutti per strada… e ai tempi io ‘entrai’ nel rap proprio dalla musica: io questa cosa l’ho sempre detta ma nessuno la voleva sentire, tutti volevano sentire solo altre cose”.

Della musica.
“Io amo la musica e la musica è fondamentalmente la porta chiusa verso la stanza della follia più totale, o comunque verso la perdizione più assoluta, e per fortuna l’ho sempre trovata chiusa perché la musica mi suonava; ma se continuavo a fare ‘sta roba non ci avrei più messo lo spirito… allora mi sono detto: “No, ragazzi, mi potrete anche infamare per questo o per quel motivo, però sinceramente di prendere per il culo fondamentalmente me e anche un po’ voi non mi va”… sai, avevo scritto “Chicopisco” che – a livello di tecnica – mi sembrava la roba migliore che avessi fatto, però mi sembrava scritto per dieci persone, e in questi ultimi anni mi sono detto che la musica può essere ascoltata da pochi ma non può essere scritta per pochi, è proprio una roba violentissima, non ha a che fare con quella cosa che mi tiene vivo, che è appunto questa forma di musica per cui non ho parole, è quello che mi fa la musica, che è una cosa che ho sempre messo davanti a tutto. Quindi le cose sono successe un po’ da sole. Nel momento in cui compravo i dischi per campionare, pian piano ascoltavo sempre di più quello che compravo e campionavo di meno, o comunque mi piaceva di meno ciò che facevo con quella roba, ed ero sempre più colpito ed ammirato dal talento di questa gente, scoprendo inoltre che era gente che per lo più faceva vite infami, ma che aveva un talento esponenzialmente enorme rispetto a quello che posso avere io o anche artisti più bravi di me… cioè: anche il più bravo di oggi non vale un decimo del più bravo di trent’anni fa! Questo nella TV, nel cinema, nella radio… forse anche nel calcio; secondo me se metti Di Stefano davanti a Vieri si fa una ghignata e lo scherza, capisci?”

Del rap.
“Comunque - tornando al discorso - per me questa roba è primaria, poi sinceramente sono ben felice di parlare con qualcuno che scrive per chi ne sa, perché ce ne ho di robe da dire, cazzo… perché non ci siamo proprio capiti!!! Essendo io uno che non porta solo la canzone, ma porta se stesso, allora come quando stavo nelle case occupate mi piaceva l’hardcore ed un certo modo di vivere, mi è rimasto un certo modo di vedere le cose. Quello che ho imparato dall’hardcore è: si può essere bravi tanto quanto gli altri, con dei soldi in meno, se si crede nel proprio modo di essere, se si hanno creatività e talento e si è propositivi, si può spaccare il culo tanto quanto quelli con i soldi se si hanno più idee… questa è una roba che mi è rimasta sempre dentro ed è quello che ha veramente segnato la differenza tra i Sangue Misto e qualsiasi altro… cioè, noi avevamo forse una progettualità che gli altri non avevano. Allo stesso modo, non mi bastava fare il rap, io volevo anche sapere perché stavo facendo il rap, volevo anche fare capire perché si poteva fare il rap, ed è una una battaglia che ho perso, perché comunque alla gente è sempre piaciuto chi facevate le mani ‘a cornine’… io dicevo: “Ragazzi, l’unico modo per cui questa roba può funzionare qua, è che tu ci metti il tuo tessuto sociale. Se mi vieni a citare Showbiz nei D.I.T.C. ci capiamo in quattro e non mi hai aggiunto niente nella vita, se invece mi parli di Sandro Ciotti improvvisamente vedi che gli italiani ti ascoltano”… è questo che mi funzionava, ma questa roba è stata persa. Posso immaginarmi che qualcuno mi dica: “Però tu sei comunque uno che ha spinto questa roba e adesso improvvisamente te ne vai”… è vero, io ho spinto ‘sta roba perché comunque non sono un ‘babboleo’ che vuole solo cantare una canzone, però ti assicuro che da questa roba – così come mi è rimasto qualcosa dall’hardcore – mi è rimasta una visione un po’ zen della creatività. Migliorare la tua creatività migliora te come persona, e comunque una certa comunità di intenti che ho trovato nell’hip hop non l’ho trovata altrove ed è una cosa che mi apparterrà per sempre.”





Delle jam e dei microfoni.
“Ma ti devo dire che qua in Italia si è frantumato veramente tutto, non si è capito un cazzo! La cosa che veramente mi ha dato più fastidio è che eravamo tutti uguali. Mi riferisco a quelli che poi vedi alle jam… adesso quando vai alle jam c’è più gente sul palco che sotto! Ragazzi, quando io andavo alle jam te lo dovevi guadagnare quel cazzo di microfono… cioè, l’ultima volta che sono andato ad una jam, c’erano ‘sti otto babbioni, nemmeno sul palco, che si passavano il microfono dicendosi: “No, stiamo andando in senso orario, adesso tocca a lui”… ma sei scemo? Prova a mettere me ai tempi quando venivo infamato… quando l’Isola Posse è arrivata… TopCat, Sean, Kaos, Skizo... la gente ci schifava, ci odiava, io non sono mai andato da qualcuno a lamentarmi chiedendogli: “Ma perché ti sto sul cazzo?”… io un bel giorno sono arrivato, ho preso la mia bella merda, me la sono tenuta in tasca, sono andato fare un tour i Germania e dopo mezz’ora non avevamo più pezzi, per cui quella sera mi misi a fare freestyle per la prima volta – che l’avevo sentito fare proprio da Dee’Mo – e mi ricordo che parlavo con gli altri e gli dicevo: “Cazzo ragazzi, mi è successa ‘sta cosa” - si, la chiamavo ‘questa cosa’ – “Chissà se mi viene anche domani, che storia assurda!”… poi ho chiamato gli altri dicendogli che ero un po’ cambiato, sono tornato a Milano, sono andato nei posti dove c’erano tutti questi, li ho acchiappati uno ad uno e senza stare lì a parlare al bar, sono andato al microfono, ho detto certe cose e poi: “Chiunque vuol venire qua gli spacco il culo! Venite pure, fatevi sotto”… non è mai venuto nessuno! In seguito è venuto da me Kaos dicendomi: “Neffa, io quando ho sentito il tuo pezzo in italiano ho deciso di rappare in italiano”… e non è che anche lì mi sono fatto delle seghe per ‘sta roba, però il rispetto di ‘sta gente me lo sono guadagnato in un certo modo. Invece questi qua pensano che alla jam tu gli devi dare il microfono… ma te sei scemo: cioè, tu prova a togliere a me il microfono quando andavo a ‘ste robe, quando io volevo fare un quarto d’ora di freestyle e tu volevi il microfono, mi dovevi spaccare il culo per prendertelo, non era così facile. Così come non è stato facile per me. Io sono arrivato a delle jam dove c’eravamo noi ed i Sud Sound System, che quasi ci si picchiava… “’Fanculo, dammi ‘sto microfono”, non “per piacere”… non avete proprio capito un cazzo… a parte Fabri e Nesly e qualcun altro che ci dovrei pensare, secondo me quei setto/otto che eravamo sono gli stessi sette/otto di oggi, tutto il resto è stato pappetta!”

Dei soldi e delle merendine in casa.
“La vera ‘storia pura’ che tutti cercano era quando nessuno faceva il b-boy atteggiato, la vera storia pura probabilmente è finita quando sono arrivate le prime 5mila lire! Poi ti dico questo: io ho fatto 10 anni di concerti, anche con l’hardcore, ho fatto circa mille concerti prima di prendere le prime 50 carte… e ai tempi invece se chiamavi un dj e pensavi di dargli meno di mezzo milione ti guardavano strano… cioè, la gente non ha proprio idea, per il lavoro che faccio sono costretto a prendermi merda da gente che in casa ha la merendina del Mulino Bianco comprata dai genitori… e me la devo anche tenere ‘sta merda, perché non è che puoi andarli ad acchiappare uno per uno… sinceramente – cazzo, lo so! - sono uno che divide la gente, non uno che piace a tutti, adorerei piacere a tutti, da piccolo studiavo dei modi per piacere a tutti, ma non si può… però certe volte di prendere la merda da gente che non sa neanche che cazzo di ore sono mi davvero fa girare le palle”.

Degli orologi e delle canzoni.
“Ecco il messaggio che vorrei che uscisse: “Buttatemi pure addosso la merda, voi non sapete neanche che cazzo di ore sono!!!”… forse per questo Flavour Flav si metteva un orologio grande così: perché dovevi vedere che ore erano, capisci? Vedi, c’è gente che riesce ad essere sempre la stessa cosa, io sinceramente non so come cazzo fanno i Public Enemy a fare dieci dischi praticamente uguali uno all’altro, non è quello il mio modo di creare, dopo tre volte che ti ho detto quella roba lì mi sembra che te l’ho già detta, ti devo dire qualcosa di nuovo. Ci sono persone che sono assolutamente splendide restando sempre uguali. Io ai tempi pensavo che il cambiamento fosse ‘il diavolo’, oggi penso che il diavolo sia restare uguali. E sempre ai tempi io lo dissi: “Ragazzi, voi forse non avete capito bene: io non rappresento un cazzo di nessuno”… e c’è sempre questa tendenza morbosa – non solo nel rap - per cui la gente si sente ‘padrona’ di una canzone. Ma sei scemo? Ma che vuoi da me? La canzone è lì, è come il voto: vuoi votare per Neffa? Senti la sua canzone. Vuoi votare per una altro? Sentiti un’altra canzone… o astieniti… in ogni caso, non ti sentire padrone della mia canzone, perché neanch’io sono padrone della mia stessa canzone, i musicisti vengono suonati dalla musica, siamo degli spinotti conficcati nel buco del culo della Terra, la musica suona e se trova un’antenna che funziona, la musica esce… non mi rompete i coglioni: quando scrivo una canzone non so neanche cosa sto facendo, una volta per tutte!”




Della perdita del rap come strumento ideale.
“Me la vivo così: era una sfida difficile da affrontare e proprio per questo l’ho voluta fare. Cioè, è possibile che io debba rinunciare a questa cosa che forse è la cosa migliore che potessi fare? Non era poi molto altro a cui dovevo rinunciare… comunque nello scegliere tra una roba che era ‘già pronta’ (riferendosi al rap – n.d.r.) ed un’altra completamente nuova, piena di difficoltà, non da tutti, insomma… era una sfida: perfetto, allora la faccio! Con l’Isola Posse eravamo arrivati che quasi ci si metteva le mani addosso, le personalità si allargavano, non ci stavamo più dentro e la roba non era più divertente. Al che dissi: “Se continuo così io mi fotto, e la musica è l’unica roba buona che ho”… ho sempre pagato dei prezzi alti per poter fare quello che avevo voglia di fare, sapevo che non potevo più farlo perché non ci avrei messo lo spirito. Se ci fossero state 100mila persone che compravano il CD forse avrei potuto fare come LL Cool J, che continua a fare il rap che si vende benissimo e non gliene fotte un cazzo. Altrimenti perché dovresti continuare a farlo? Ormai la gente in te vede il passato, allora lo fai perché continui a farci dei soldi, bene o male. Se avessi visto un bacino di 100mila persone avrei anche potuto fare questo ragionamento, però sinceramente no… sapevo che continuare a fare rap per me significava non metterci più lo spirito, quello che c’era nei Sangue Misto, lo stesso che c’era nei Messaggeri della Dopa, che c’era nei “107 Elementi”, anche se quello è stato il primo disco che io ho fatto sapendo che qualcuno mi avrebbe ascoltato, e ‘sto fatto segna già una grossa differenza. Io prima registravo, chiamavo Dee’Mo e gli dicevo: “Ti piace ‘sta roba?”, e lui: “E’ una figata”… chiamavo Gruff: “Senti ‘sta strofa che ho scritto per il pezzo con Sean”, e lui: “Vieni subito a Milano e registriamola”… era così, era per quattro persone, per i miei amici. Improvvisamente, quando sapevo che mi ascoltavano in tanti, ho sentito un’immensa riconoscenza: “Cazzo, ragazzi, mi avete fatto cambiare la vita!”, oggi sono un po’ più sicuro di me stesso perché qualcuno ha detto che la mia musica è buona. Questo mi ha fatto piacere. Ma è da quel momento che sono diventato ‘mentale’. Non è che mi son detto di fare un disco paraculo perché c’erano da fare i soldi, no… volevo fare un disco con un pacco di roba perché ero felice che tante persone lo avrebbero ascoltato e tutto quello che gli potevo dare glielo avrei dato. Potevo chiamare 15 persone per farli suonare e cantare tutti e poterli pagare, e questo mi rendeva felice… e poi ho saputo che c’è stata gente che è venuta in quel disco per ‘cagare in casa mia’, capisci? Ma va bene anche così… io ti stavo chiamando perché secondo me era bello che tu venissi là e ti prendessi finalmente dei soldi, con un studio molto bello a disposizione per fare la tua roba. Non avevo certo bisogno di mettere certa gente sul disco per far vedere che erano tutti miei amici. Non me ne fotteva un cazzo. Infatti ti dico che era assolutamente ingestibile con tanta gente, soprattutto nel momento in cui tu avresti parecchia roba da mettere, però ‘ti limiti’ per metterci anche gli altri, perché per me era così che funzionava: uno va a star bene, tutti vanno a stare bene. Probabilmente le faide con gli Articolo 31 non sarebbero mai iniziate se loro avessero cominciato a chiamare Skizo, Sangue Misto, questo o quell’altro e avessero detto: “Ragazzi, abbiamo fatto i soldi, venite che ce li dividiamo tutti”, no? La roba avrebbe funzionato sicuramente meglio”.

Della strofa: “Lascio dietro me gente che sembrava amichevole”…
“Beh, funziona per un sacco di ‘sta gente qua. Anche “Scordati di me” è un pezzo per questa gente. Me la sono vissuta con grande amarezza. Nel mio presente ho imparato che le cose non si fanno per gli altri. E’ stupendo quando metti assieme varie anime e viene fuori una cosa diversa da quella che tu avresti fatto da solo, però questo bisogna farlo quando la cosa c’è, non si possono inventare certe situazioni e magari pure trascinarle… questo è lampante sul perché non è stato fatto il secondo Sangue Misto, perché nel momento stesso che ci siamo detti “Ah, bisognerebbe proprio farlo!”, se volevamo – e se potevamo veramente – l’avremmo fatto senza nemmeno bisogno di dircelo! Così funzionava.”

Della Jackpot Records.
“La storia della Jackpot non è un errore, fa parte dei paletti in culo che ti devi tenere, perché fondamentalmente avevo avuto quest’idea: “Sono sicuro che il soul tra qualche anno qui sarà enorme. Facciamo il soul, becchiamo la gente che sa cantare”, oppure: “Facciamo un’etichetta dove la gente non deve arrivare ad una scrivania e si deve sorbire qualcuno che non sa cosa gli stai dicendo”, ma dal momento in cui abbiamo pensato di farlo al momento in cui lo abbiamo effettivamente fatto sono passati quattro anni e nel frattempo questo mercato era ‘sprofondato’. I dischi della Jackpot erano fatti con gente che ci anticipava i soldi, ma quando fai 2000 copie di un disco non copri neanche la metà dei debiti, perché nessuno di noi è ricco. Non sono mica un nobiluomo che ho 200 milioni da spendere per fare un’etichetta. E’ normale che i soldi li prendo da qualcuno: la Jackpot era ‘indipendente’ dal punto di vista artistico, non economico, perché per essere indipendente economicamente devi essere miliardario! Detto questo, i dischi non hanno venduto. Lugi chiaramente ci è rimasto deluso, anche Al (Castellana)… per cui facciamo in modo che si lavorerà insieme solo quando si avrà voglia. Io ho imparato un sacco con Al, e penso che lui avrà imparato qualcosa con me… ed ho anche imparato molto con i suoi musicisti, che poi sono quasi tutti anche in “Arrivi e partenze”.

Delle conclusioni.
“Eeeh, si poteva parlare ancora molto a lungo! Queste sono le cose che mi divertono, perché mi tolgono anche un po’ di pesi, perché comunque non è che mi stia vivendo bene questa situazione verso l’hip hop. E’ normale, no? Non ci stai bene quando vieni giudicato come persona da gente che nemmeno ti conosce, mentre tu stavi parlando un’altra lingua, perché io stavo parlando di musica. Insomma, in un certo senso non sono mai stato nei miei tempi; o ero avanti o ero dietro. Ma va bene così. Almeno un po’ ci siamo spiegati”.



Vieira4
00martedì 13 giugno 2006 17:38
neffa è uno che ha visto la nascita del rap in italia, quando portare i pantaloni larghi e il cappellino non era certo una moda, ma ha mollato perchè non si tirava sù tanto grano, ecco la verità..
IMYBiGGa
00martedì 20 giugno 2006 00:16
Neffa è e rimarrà sempre un grande,è stato un elemento fondamentale dell'hip hop italiano...e a differenza degli altri,non ha "sputtanato" l'hip hop,ma ha scelto una strada completamente diversa...è solo apprezzabile,anke se mi dispiace molto :/
diskodier
00martedì 20 giugno 2006 13:33
>> ma ha mollato perchè non si tirava sù tanto grano, ecco la verità..

e quindi?
non credo che sia una colpa cercare di migliorare la propria condizione economica non facendo del male agli altri...
(Per esempio è meglio spusherare schifezze tagliate con merda, e farsi i soldi sulla pelle degli altri?)


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