ROMA (16 febbraio) - Roberto Faiudutti, fotografo: un po’ pirata, un poco artista, un vagabondo ritrattista che ruba quasi quanto dà. La parafrasi dei primi versi dello "Straniero", la celebre canzone portata al successo negli anni Sessanta da Georges Moustaki, ben si attaglia a questo demiurgo impegnato e solitario. Un occhio vigile e sensibile fra Chatwin e Coloane, fra Conrad e Sepùlveda. Che si è finalmente deciso a mettere in mostra le immagini scattate attraverso il tempo in diverse parti del globo, organizzandole nella mostra "Attraverso lo sguardo... un mondo". Da stasera, e fino al 29 febbraio compreso, l’esposizione e a portata di visitatori alla Galleria Fleming di Città di Castello (Corso Vittorio Emanuele 25; inaugurazione alle 18.30, apertura da martedì a domenica, dalle 17.30 alle 19.30).
Sono vedute, facce, animali, vegetazione, acque e sabbie, rocce e fiori. Sono scorci incredibili e bellissimi, suggestioni esotiche còlte senza compiacimento, con il clic dell’anima che scruta oltre le forme, oltre i colori, oltre le apparenze. Il sottotitolo recita “genti, volti, paesaggi d’Afghanistan, Amazzonia, Cina, India, Mali, Mauritania, Perù”. E poi “Omaggio ad un grande viaggiatore: l’Africa di Alberto Moravia”.
«Per Moravia, l’incantesimo africano s’identifica davvero con il deserto - dice e scrive Faiudutti -, deserto che lui assimilava al vivere degli umani e alla grandezza senza misura dell’oceano. “Nel deserto come nell’oceano bisogna continuamente muoversi e lasciare che il vento, il vero padrone di queste immensità, cancelli ogni traccia del nostro passaggio”. Così ha testimoniato nero su bianco. E se quel deserto si chiama Sahara, i lineamenti si fanno, nella scrittura moraviana, ancora più precisi: il sospetto di un sonno eterno, il vuoto che stupisce quanto più si comprende come riesca a contenere maggiore vita di tutta una vita, e che il miraggio, forse, non è una finzione».
Moravia, la cui permanenza africana rivive anche nelle immagini dell’allora compagna dello scrittore, Dacia Maraini, torna prepotentemente fra noi “dentro” le fotografie scattate da Faiudutti durante un lontano viaggio (era la metà degli anni Settanta) al quale Alberto partecipava. «È passato molto tempo. Ma di recente - racconta il fotografo -, ritrovandomi in quei luoghi, una notte, attorno al fuoco del bivacco, il ricordo di Moravia e di quei giorni si è riavvicinato prepotentemente. Ho guardato tutto, attorno a me, attraverso i suoi occhi e le sue parole, quelle che lui volle poi consegnare prima a un giornale e quindi al libro "Lettere dal Sahara". Ho ripensato alla sua presenza, fattiva e per lo più silenziosa, e gli ho voluto bene un’altra volta. Riaprendo i cassetti, al ritorno, le immagini di allora mi sono sembrate il modo migliore per cancellare gli anni, le distanze, persino la morte. Per avere la certezza che Alberto è ancora e sempre laggiù, nel deserto tanto amato».