SPEZZATINO ALLA BOLOGNESE CUCINATO DA PETER GOMEZ: MASTELLA NON APPREZZA E PROTESTA

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INES TABUSSO
00giovedì 22 marzo 2007 19:04
Ministero della Giustizia
Roma, 22 marzo 2007
Comunicato stampa

Anticipazioni Espresso: Mastella, nessun giallo e nemmeno un incontro dai colori arcobaleno

Nessun giallo e nemmeno un incontro dai colori arcobaleno. Il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, non è mai stato a pranzo o a cena con Lele Mora. Tutto il resto, come afferma una nota canzone, è noia.

Lo afferma un comunicato dell'ufficio stampa del Ministero a proposito delle anticipazioni dell'articolo che apparirà domani su “L'Espresso”, battute dalle agenzie di stampa.

Certo, se ogni casuale incontro diventa in questo Paese un caso giudiziario, o presunto tale, allora bisogna solo sperare che tutti coloro in cui quotidianamente ci si imbatte siano persone che non solo nel presente, ma nemmeno nel futuro si trovino coinvolte in un'inchiesta. Pare comunque assurdo, e sicuramente poco civile, doversi alzare ogni mattina con la paura di essere circondato da centinaia se non da milioni di indagati.

Quanto all'eventuale prenotazione al ristorante Il Bolognese anche a noi piacerebbe sapere chi l'ha fatta e a “l'Espresso” potremmo proporre di lanciare un concorso a premi per individuarne in fretta l'autore.




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L'ESPRESSO
22 marzo 2007
Spezzatino alla Bolognese
di Peter Gomez

Il giallo dell'incontro tra Mastella e Mora in un ristorante romano: dal registro manca il foglio delle prenotazioni

Tutti parlano di un incontro casuale. Un saluto, due chiacchiere alla presenza di altri clienti, e via. Ciascuno per la sua strada. Anzi ciascuno seduto al suo tavolo, nelle frequentatissime sale del ristorante romano Il Bolognese. Eppure è un giallo il faccia a faccia di metà novembre tra il ministro della Giustizia Clemente Mastella e Lele Mora, il manager delle dive oggi sotto inchiesta a Potenza per associazione per delinquere ed estorsione. Quando gli investigatori dello Sco della Polizia sono piombati al Bolognese per verificare il racconto di un teste secondo il quale Mastella e Mora si sarebbero visti poco prima che il caso Vallettopoli venisse fatto esplodere ad arte sui giornali, hanno avuto una sorpresa: dall'agenda dove vengono segnate le prenotazioni erano state strappate le pagine del periodo dell'incontro tra Lele e il ministro. Insomma, ricostruire chi avesse telefonato per riservare i tavoli era impossibile. E non era nemmeno possibile sapere chi e perché avesse fatto sparire i fogli.

Il particolare non è secondario. Grazie alle intercettazioni il pm Henry Woodkock ha capito che a partire da fine ottobre Mora e il fotografo Fabrizio Corona, quando scoprono di essere sotto indagine, tentano di mettere in moto le loro conoscenze per depotenziare l'inchiesta e poi, a dicembre, orchestrano una fuga di notizie sui media nella speranza di evitare eventuali arresti. Subito dopo Mastella invia una prima ispezione ministeriale a Potenza, alla quale ne seguirà una seconda disposta dopo la pubblicazione del nome di Silvio Sircana, il portavoce del governo Prodi paparazzato sui viali dei trans forse a fini ricattatori.

In questo clima velenoso gli investigatori seguono due piste. La prima riguarda gli archivi informatici di Corona che verranno esaminati partendo da una cartellina contenente le foto di una serie di politici, tra i quali compare anche un ex ministro dell'Economia sorpreso però in atteggiamenti non imbarazzanti. C'è da scoprire quali immagini siano finite sui giornali e quali no, per poi stabilire se dietro la mancata pubblicazione ci sia stato un ricatto. La seconda pista punta invece ai rapporti tra agenzie fotografiche, direttori di giornali e esponenti di partito. Si cerca di comprendere, per esempio, cosa abbia spinto 'Chi' a comprare per 80 mila euro l'intervista al transessuale Patrizia dopo la notte con Lapo Elkann, evitando le domande imbarazzanti. È stata solo la voglia di fare un articolo 'soft' o il desiderio di fare un piacere alla Fiat? E perché poi 'Oggi' ha speso 100 mila euro per le foto sulla notte brava di Sircana? Voleva uno scoop sull'uomo di Prodi o intendeva tutelarlo?

Le risposte arriveranno dagli interrogatori durante i quali si parlerà della rete di protezioni che ha permesso al duo Corona-Mora di spadroneggiare nel mondo della tv, e si tenterà di fare ulteriore chiarezza sulle fughe di notizie che hanno minato un'indagine partita solo il 13 settembre. Dagli atti risulta che il 30 ottobre il calciatore del Milan Alberto Gilardino informa Corona di essere stato sentito dal pm. Corona però sembra tranquillo. Si preoccupa il 9 novembre, quando dice al telefono: "Minchia ragazzi, la situazione non è grave. È gravissima". Perché lo sa? A una sua collaboratrice confida: "Sono stato da Emilio Fede che mi ha chiamato. Perché c'è di mezzo anche il presidente, hai capito? Sapevano tutto. Hai il telefono sotto controllo anche tu. Perché ho venduto le fotografie che ho fatto alla figlia". Il riferimento è al caso di Barbara Berlusconi che, proprio in quei giorni, ha ricevuto una convocazione come teste per parlare delle foto acquistate dal padre. Il 13 novembre Mora e Corona si vedono a casa di un'amica. Pochi giorni dopo Lele va a Roma e mangia al Bolognese dove incontra Mastella. Un diplomatico, Pupi D'Angeri, li incrocia e racconta tutto a Luciano Regolo, direttore di 'Novella 2000', che subito riferisce la cosa alla polizia. Secondo Regolo, Mora si sarebbe messo "a far funzionare le sue entrature" per affossare l'indagine. Del resto ha amici ovunque ed è in ottimi rapporti pure con Berlusconi che durante l'estate lo ha invitato a villa La Certosa. Da qui la necessità di capire se c'è stato un appuntamento anche con Mastella. D'Angeri viene sentito da Woodcock, ma descrive l'accaduto come un incontro casuale. Il pm ordina di andare a prendere i registri del ristorante. Fatica sprecata: i fogli delle prenotazioni sono scomparsi.




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L'ESPRESSO
22 marzo 2007
SCHEDA
Il prezzo del pizzo

L'acquiescenza al ricatto è sempre da condannare. Sia nel caso della mafia che dei paparazzi. Parola di Tano Grasso, il simbolo della lotta al pizzo, il presidente della Federazione delle associazioni antiracket.

Il pm Henry Woodcock procede per estorsione. Cosa hanno in comune Fabrizio Corona e gli esattori del pizzo?
"C'è una bella differenza tra la mafia e i paparazzi ma, se le accuse saranno confermate, un elemento comune c'è: la forza di chi minaccia e la debolezza di chi accetta di pagare. Ovviamente la minaccia è ben diversa. Nel caso della mafia c'è un'organizzazione che incute terrore mentre in questo caso c'è solo la pubblicazione di una foto. Il rischio per l'immagine mette il vip in una condizione di debolezza".

Hanno pagato anche personaggi potenti come Berlusconi. Perché?
"Mi sembra di ricordare che, secondo i magistrati, il gruppo Berlusconi molti anni fa non si ribellò alle estorsioni della mafia contro i suoi supermercati in Sicilia. L'acquiescenza al ricatto è sempre un comportamento sbagliato".

Dall'inchiesta emerge che quasi tutti pagano e nessuno denuncia. Non sarà che in Italia 'l'acquiescenza' è un costume nazionale?
"Non sono d'accordo. L'ex ministro Maroni non cede al ricatto, per esempio, e poi io penso esattamente il contrario: l'italiano medio non accetta l'estorsione. Il pizzo non attecchisce al Nord perché il tessuto sociale reagisce. Al Sud invece ormai spesso non siamo più in presenza di un'estorsione contro una vittima, bensì di una sorta di tassa per entrare in un sistema. Prenda il caso di Zonin".

Cosa ha fatto Zonin?
"Nella sua azienda siciliana era stato assunto un capo mafia, poi arrestato, e Zonin è stato sentito al processo. Lo sa cosa ha dichiarato il re del vino? Di non sapere chi fosse il boss e di non sapere nemmeno bene cosa fosse la mafia. Questi comportamenti sono pericolosi, perché inducono gli altri ad accettare i ricatti".

M. L.





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