VITTORIO GREVI: LE ACCUSE AI MAGISTRATI E LA PROVA DEI FATTI

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INES TABUSSO
00giovedì 19 aprile 2007 20:45



CORRIERE DELLA SERA
19 aprile 2007
Le accuse ai magistrati e la prova dei fatti
di Vittorio Grevi

La Corte costituzionale ha ieri dichiarato ammissibile il conflitto di
attribuzione tra poteri dello Stato sollevato dal presidente del Consiglio nei
confronti della Procura della Repubblica, nonché del giudice per l'udienza
preliminare, presso il Tribunale di Milano, con riferimento alle attività da
essi svolte nel processo per «l'affare Abu Omar». Le due ordinanze segnano la
prima tappa della complessa procedura destinata a confluire nel giudizio sulla
fondatezza, o non, del relativo ricorso, che ha come oggetto la asserita
violazione del segreto di Stato da parte della magistratura milanese. Una tappa
imprescindibile, che tuttavia non esaurisce nemmeno la stessa questione
dell'ammissibilità, poiché — dopo questa prima valutazione sommaria — anche su
tale questione rimane impregiudicata la possibilità di una differente
pronuncia, nel corso del futuro giudizio in contraddittorio circa il merito del
conflitto, special­mente con riguardo «alla diversità delle condotte» ritenute
«invasive».
Sul piano formale, la decisione di ieri risultava abbastanza scontata, in
rapporto alla astratta sussistenza della «materia di un conflitto», anche alla
luce di un precedente di dieci anni fa, in una situazione per molti aspetti
analoga. Sotto il profilo soggettivo, infatti, era difficile dubitare sia che
il presidente del Consiglio fosse legittimato a sollevare un tale conflitto,
data la sua veste di suprema autorità competente in tema di segreto di Stato;
sia che i suddetti uffici della magistratura milanese fossero legittimati a
resistere nel conflitto per via dei poteri loro attribuiti nei rispettivi ruoli
processuali di indagine e di giudizio.
Sotto il profilo oggettivo, d'altra parte, in linea teorica l'eventualità che
degli organi giudiziari, nell'esercizio delle loro funzioni costituzionali,
possano avere invaso ambiti tutelati dal segreto di Stato, corrisponde a una
classica ipotesi di possibile lesione delle attribuzioni costituzionali del
presidente del Consiglio in materia di sicurezza dello Stato. Anche
prescindendo dalla questione dell'ammissibilità del conflitto, è comunque
chiaro che il vero nodo della questione riguarda l'attendibilità degli
argomenti addotti dalla Avvocatura dello Stato alla base del ricorso proposto
per conto del presidente del Consiglio. Una attendibilità che dovrà essere
verificata non solo dal punto di vista giuridico (per quanto concerne, in
particolare, la pretesa violazione, da parte dei magistrati milanesi, dei
doveri che impongono all'autorità giudiziaria di rispettare i limiti posti a
tutela del segreto di Stato), ma anche, prim'ancora, dal punto di vista della
realtà storica dei fatti su cui quegli argomenti trovano fondamento.
A quest'ultimo proposito, ad esempio, per quanto si ricava dalle notizie
finora filtrate, sembra tutta da dimostrare la congettura (di contenuto
obiettivamente calunnioso) secondo cui i suddetti magistrati avrebbero
prevaricato, svolgendo indebite pressioni su alcuni indagati, per indurii a
svelare notizie coperte dal segreto di Stato.
Più in generale, spetterà alla Corte costituzionale, nel futuro giudizio di
merito, il compito di valutare se possa esservi violazione dei confini del
segreto di Stato, o lesione del principio di «leale collaborazione», anche
allorché — sempre per quanto risulta — l'autorità giudiziaria abbia sequestrato
determinati documenti negli stessi uffici dei servizi di sicurezza, senza che
tale segreto venisse opposto; ovvero allorché abbia utilizzato documenti
trasmessi da medesimi uffici (alcuni con parole cancellate, altri senza
cancellature). E, in ogni caso, parrebbe difficile negare che sia dovere del
pubblico ministero, una volta osservati i tassativi limiti probatori sanciti
dalla legge processuale in nome del segreto di Stato, continuare a procedere
(se del caso, anche contro esponenti dei servizi) sulla base delle prove
legittimamente acquisite in via autonoma al di fuori dei suddetti limiti.




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