botero e gli uomini grassi

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della red
00venerdì 24 giugno 2005 09:40
A Roma, a Palazzo Venezia, una grande antologica racconta gli ultimi quindici anni di attività del colombiano Botero



Roma - Fernando Botero è l'artista delle figure esagerate. E' diventato uno dei più famosi protagonisti della scena internazionale raccontando una realtà popolata di figure rotonde, enormi, monumentali, trasfigurando religione, mitologia, quotidianità domestica in una galleria di "ciccioni" ad arte. Il suo stile non ha concesso tregua ad un'estetica glamour. E così, madonne, cardinali, madri e figli, ballerini e suonatori, corride e pic-nic, persino animali e nature morte, sono capitolate in un corteo di uomini grassi, donne obese, bambini extralarge, cani e arance dalle forme innaturalmente larghe. E se il colombiano Botero decide oggi, a 63 anni, di affrontare il tema della violenza contemporanea, quella di spietata attualità, che riempie le pagine di tutti i quotidiani, estraniandosi per un momento dal suo visionario mondo naif che ha dipinto e scolpito in più di 2500 opere sparse nei musei più prestigiosi del mondo, ecco che la violenza non può che assumere connotati del tutto particolari, se non insoliti. Come accade per le cinquanta opere dedicate ai fatti di Abu Ghraib, nate, come dice l'artista, dalla rabbia e dall'orrore di quelle immagini apparse sul New Yorker, che denunciavano atti amorali compiuti su prigionieri iracheni, e che vengono presentate in prima mondiale a Roma, nell'ambito della grande antologica ospitata a Palazzo Venezia fino al 25 settembre, organizzata dal Polo Museale Romano e dalle Gallerie Contini di Venezia e Benucci di Roma, e che racconta in complessivi 170 lavori gli ultimi quindici anni di attività dell'artista colombiano.

E di nuovo, il suo inconfondibile stile "in carne" non lascia tregua, nonostante i personaggi, stavolta, siano prigionieri che vengono seviziati, corpi ammassati a terra con mani e piedi legati e bocche imbavagliate, uomini costretti ad indossare ridicoli completini intimi femminili e oltraggiati da cani rabbiosi sulle loro schiene. Cinquanta frame di perversa violenza, tra grandi oli su tela e piccole opere grafiche, tutti realizzati negli ultimi due anni, che insistono nella descrizione dettagliata di azioni figlie di "una ingiustizia senza ragione", come dice Botero. L'artista costruisce interni di sporca e claustrofobia detenzione, dove incastona corpi dai volumi amplificati. Tutto è giocato con una intatta semplicità, dove le azioni sono disegnate in modo da essere lette con linearità e immediatezza, e dove il colore sempre raffinatissimo nelle sue campiture acuisce l'intensità espressiva.

E' un reportage sui generis, quello di Botero, che turba e scuote. Ma non seduce fino in fondo per l'effetto dissonante. Perché lo stile extra-large di Botero ben si sposa con il mondo immaginario ed edulcorato della tradizione di un'America Latina eclettica, barocca, religiosamente ispirata. Ma quando racconta fatti realmente accaduti, quando interagisce, come in questo caso, con la cronaca contingente, rischia di rimanere sospeso nel limbo della macchietta. Ma è un'impresa. A tal proposito Botero sottolinea come nessuno si sarebbe ricordato degli orrori di Guernica senza il capolavoro di Picasso. Anche se l'omaggio di Picasso al paese spagnolo distrutto dalle bombe tedesche, non frenò la Guerra civile. La violenza di Abu Ghraib conosciuta solo sulle pagine dei giornali plasma la realtà dei personaggi dell'artista, e il dolore stesso ha assunto la drammaticità del prototipo: queste cinquanta opere diventano una serie che, per il suo valore di denuncia, non sarà messa in vendita ma solo esposta nei più importanti musei del mondo.

Certo, non è la prima volta che Botero si presenta in versione "impegnata". Il tema della violenza è stato già toccato dalla sensibilità del maestro colombiano, attento alle drammatiche vicende che hanno insanguinato il suo paese negli anni Novanta, quando persino una delle sue statue fu distrutta in un attentato nel centro di Bogotà nel quale rimasero uccise 27 persone. Già le sue figure esagerate hanno interpretato fucilazioni e massacri. Ma alla sua maniera, i personaggi si caricano di una distaccata dignità propria della pittura classica finendo per diventare prototipi. E forse molto più agghiaccianti e affascinanti rimangono, nella nostra memoria, i disastri della guerra schizzati da Goya. Gli albori degli uomini esagerati di Fernando Botero, delle sue donne grasse, dei suoi bambini obesi, in un trionfo fragoroso di "ciccioni", sono quelli di un'arte folgorata dalla modernità rinascimentale, ma anche dalla grande stagione della pittura murale messicana, esaltatrice di scenografie monumentali.

Quello che Fernando Botero cercava, quando arrivò ventenne a Firenze, dalla sua Medellìn, era il volume. La rappresentazione volumetrica di oggetti e persone. La risposta gliela diedero Giotto, Masaccio, Paolo Uccello e Piero della Francesca, che gli rivelarono le strategie della prospettiva e della profondità spaziale. I solidi in 3D di Piero della Francesca divennero un vero e proprio tormentone, creature dove trionfava il senso più autentico del volume, e per questo apparivano bellissime. Fu una rivelazione. Da quella lezione, Botero capì che nella pittura bisognava liberare tutte le euforie volumetriche delle figure, esaltarne le forme, acuirne i contorni, esasperarne le apparenze fino all'eccesso. Ma in più, in quel mondo affollato di presenze naif, l'artista colombiano coglieva un altro mondo più intimo, quello narrato dalla scrittrice cilena Isabel Allende o dal conterraneo Gabriel Garcia Marquez, dove i personaggi appaiono spesso "esagerati" - come appunto le figure di Botero - perché "vissuti" nell'incanto di una memoria collettiva epica e favolistica, avvertita in un acceso immaginario.

Ed ecco, allora, che accanto al "grido di dolore" delle cinquanta tele dedicate ad Abu Ghraib, la mostra lascia sfilare tutti gli altri temi cari all'artista, tra tele e sculture, le sue donne, i suoi ritratti, i paesaggi, tutte opere che sono entrate nell'immaginario universale per l'efficace sintesi di ironia, simpatia, tenerezza e lucidità che rappresenta la personalissima cifra di questo grande interprete dei nostri tempi.


Notizie utili - "Fernando Botero. Gli ultimi 15 anni". Dal 16 giugno al 25 settembre, Palazzo Venezia, Via del Plebiscito, 118. Roma. L'esposizione è organizzata dal Polo Museale Romano e dalle Gallerie Contini di Venezia e Benucci di Roma.
Orari: martedì-domenica 10-19, chiuso lunedì.
Ingresso: intero €8, ridotto €5.
Informazioni: 06-32810.
Catalogo: Edizioni De Luca.


lupetta821
00venerdì 17 novembre 2006 18:47
a me piacciono molto i quadri di botero.
neve67
00domenica 10 dicembre 2006 14:43
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