Pensieri Sparsi
Forse hai ragione dicendo che i personaggi Disney (Topolino sta per varcare la soglia dei 75 anni) hanno vissuto ogni genere di situazione, e quindi le storie per noi hanno sempre il sapore di qualcosa di già visto. Questa situazione non la si vive solo noi, appassionati Disney, ma spulciando qua e là ho visto le stesse impressioni tra i DylanDogiani o i lettori di Martin Mystere sui loro personaggi preferiti.
Eppure secondo me non esiste il già visto perché la maggior parte dei fumetti a striscia si basa sulle stesse situazioni. Quante volte Charlie Brown ha tentato di calciare il pallone da football tenuto da Lucy o quante volte Calvin ha aperto una scatoletta in cucina senza dare adito al solito epilogo? Eppure ogni volta c'era una novità.
Per farmi capire meglio faccio un esempio: in questi giorni ho letto una storia di Don Rosa del '96 "Zio Paperone - Una questione di estrema gravità". La trama della storia è la stessa di mille altre storie: Amelia ruba la numero uno a Zio Paperone, Zio Paperone recupera la numero uno. Eppure, leggendola, mi sono divertito, arrivando fino a ridere di gusto. Lo spunto per le gag derivava dal fatto che Amelia per impedire ai paperi di inseguirla tramutava la gravità di Zio Paperone e Paperino prima in orizzontale e poi la invertiva. Con tutte le difficoltà che una situazione del genere comporta. La novità di cui parlavo sta in questo, una variazione sul tema è sempre divertente.
Allora io non parlerei tanto di esaurimento del filone Disney, quanto piuttosto di stereotipizzazione. I personaggi sono stati stereotipati tutti, dal primo all'ultimo. Se una volta la linfa vitale che permeava tutto il fumetto Disney era il suo continuo uscire dagli schemi pur rimanendo inserito in un canone (Paperinik, quale miglior esempio contro lo stereotipo di Paperino?), oggi non si è più capaci, o forse si ha un po' di paura, a compiere questo passo. Non dico che sia colpa degli autori, per carità, ma purtroppo gli stessi devono scendere a compromessi, molto spesso. Vi siete mai accorti che non si vede più una cena o un pranzo dove Topi e Paperi mangino carne (se poi i paperi mangiano il tacchino... per carità)? E la festa del cosciotto di Paperino, che tanto mi aveva divertito solo per il fatto che cucinasse un cosciotto più grande di lui, che fine ha fatto? Le cene a casa della Nonna? Questo è solo un esempio di come gli sceneggiatori vengano "limitati" nella loro creatività, e le limitazioni non portano mai a una vera creatività.
Prendiamo il caso per esempio di Paperino Paperotto, uno dei "prodotti" più interessanti della mente di Artibani/Barbucci. Le storie non hanno mai avuto una locazione temporale definita, ma per alcune sottigliezze si poteva supporre che l'infanzia di Paperino fosse dove anche Don Rosa l'aveva collocata. Poi una lettera a Topolino (che chiedeva quando accadessero i fatti) a cui veniva risposto "Nel tempo della fantasia" (
), l'inserimento di alcuni elementi anacronistici (la rivista sugli alieni), e altri fattori hanno fatto sballare questa datazione, ma se pensate: come si fa a spiegare a un lettore giovane che legge che le storie di Paperino sono ambientate ai giorni nostri, che Paperino è stato giovane negli anni '20-'30? E quanti anni ha Paperino? 90? Così mi viene in mente un salace scambio di battute tra Paperino e Millicent, comparso proprio in una delle famigerate storie sugli alieni: "Incredibile? E' un intero dollaro quello?" "Sì, me l'ha dato mio Zio Paperone." "Ecco, questo è ancora più incredibile." "Non tanto, se consideri che è un prestito.". Leggendola mi viene da sorridere. In fondo Paperino Paperotto è una delle produzioni più carine di questo ultimo Topolino, e per quando riguarda le sottigliezze si può anche sorvolare.
Il problema Moby Duck è un problema non da poco, invece: Moby è stato snaturato dal suo contesto e trasportato, insieme a Paperoga, in un contesto non suo. Il suo caso è quasi un Ultimate: Ultimate Moby Duck
Forse è vero che ai due personaggi sono stati accostati stereotipi di comodo (il losco faccendiere, la locandiera, il commerciante cinese, il carpentiere buono, l'aiutante stupido, i pirati), ma le storie di per sé filano, e da quello che mi aspettavo, non mi hanno mai deluso, né dalla parte della sceneggiatura, né per quanto riguarda i disegni. Anche i colori sono adatti al genere di storie.
Poi vedo un'altra serie: la storia vista da Topolino. Nulla da eccepire nemmeno in questa... Bei disegni, sceneggiature belle. Non è in ordine cronologico, ci ho messo un po' ad accorgermene, ma non è certamente un difetto.
Poi questa settimana è tornata la macchina del tempo, con una storia degna di tal nome. L'ultima storia con Filo Sganga si leggeva molto bene. La storia sul lavoro di Paperino si svolge nel modo solito (l'iniziatore di questo genere di storie è Barks), e mi è piaciuta. Ogni tanto riappare Cimino, e con grande novità ci porta in paesi dal nome impronuciabile nel suo classico filone di storie.
Cosa c'è che non va? Ci sono le storie di mezzo, spesso poco significative. Le storie della PIA, troppo banali, che niente hanno a che fare con le stesse che una volta disegnava Bottaro, anche se le ultime due erano migliori del solito. Le storie del commissario Topet, inutili, a parte quella del fotografo disegnata da Cavazzano, che purtroppo dopo tanti paperi sembra quasi abbia perso un po' di dimestichezza con i topi.
Esaminando queste cose mi sembra che alla fine il prodotto Topolino in sé non sia così obbrobrioso. Certo, se si dà risalto ad una storia mediocre come quella dei cristalli il giudizio sarà condizionato dalla storia stessa, ma prese singolarmente le storie rivelano gli enormi passi avanti che si sono fatti da, per esempio, l'ultima parte del direttorato Cavaglione fino alla prima parte del direttorato Claretta, in cui la qualità, anche a livello di target, era nettamente inferiore.
Per quanto riguarda il paragone che propone Grrodon col "Doppio Segreto" esso non sussiste, perché sarebbe impensabile proporre una storia del genere al giorno d'oggi. Macchia Nera che vuole uccidere Pippo e Basettoni e far ricadere la colpa su Topolino? Che bel soggetto, certo, ma qualcuno avrebbe il coraggio di proporlo sulle pagine del giornale, incorrendo nelle ire dell'associazione genitori piuttosto che in quelle della Disney stessa? I tempi, purtroppo (o per fortuna?) sono cambiati. Non si può dire all'interno di una storia "Tu non saresti in grado di rubare ad un paralitico con le mani legate dietro alla schiena", non si può mostrare Gambadilegno che spara a Topolino e per rendere più efficaci i colpi spara a delle taniche di benzina nelle sue vicinanze, non si può mostrare Paperino al bancone di un bar con un'espressione né più né meno che alla Homer Simpson da Boe, non si può più far tentare a Zio Paperone il commercio nel campo delle sigarette. Una volta il problema target non esisteva: quello che era letto da un bambino era letto tranquillamente da un adulto e viceversa. Il target è un'invenzione del marketing, e come tutte le invenzioni riuscite bene ha funzionato. Molti sceneggiatori della vecchia guardia di Topolino hanno deciso di andare in pensione, o di ritirarsi semplicemente, d'altronde la Disney non è ricordata per cercare di trattenere i suoi collaboratori, mentre altri che magari potrebbero continuare a dare linfa nuova agli ormai stanchi personaggi Disney emigrano alla ricerca di nuove opportunità (v. l'emigrato di lusso Romano Scarpa).
Gli sceneggiatori odierni si trovano quindi a dover fare i conti con un'incredibile eredità lasciata loro dal passato, e con tutte le limitazioni che al giorno d'oggi sussistono (e.g. politically correct) che magari una volta non esistevano. Non è colpa loro, quanto, forse, piuttosto colpa nostra.
Forse siamo cresciuti troppo, forse abituati troppo bene in passato. Io sinceramente leggo Topolino, mi fa proprio piacere, e l'unica cosa di cui mi rammarico sono le rubriche. Quando ero piccolo ce ne erano tonnellate, e scritte piccole, ed erano distributrici di cultura. Oggi le poche che ci sono sono commerciali, consumistiche, invitano a comprare quel videogioco piuttosto che vedere quel film, e non ti fanno seguire con pathos le vicende del beluga Palla di Neve, o dei cormorani vittime inconsapevoli della Guerra del Golfo.
Le storie non sono altro che frutto del loro tempo, alcune belle, altre scadenti. Forse è vero che sono di più le scadenti, ma forse sono io che sono troppo cresciuto.